Intervista all'esilarante duo comico, in scena al Teatro Cilea di Napoli con "Il mistero dell'assassino misterioso".
È stato un tripudio di applausi e risate lo spettacolo di Lillo e Greg, Il mistero dell'assassino misterioso, con il quale il versatile duo comico, da oltre cinque anni, continua a calcare i palcoscenici italiani. Un'efficace narrazione metateatrale che lascia bene intuire le grande abilità come autori della coppia artistica che Teatro.it ha intervistato.
Il vostro spettacolo va in scena da circa sette anni. Offrite agli spettatori un buon motivo per continuare a venire a teatro?
Greg: In realtà non ce ne sono. È la solita minestra riscaldata, ma ovviamente nelle interviste diciamo il contario, ma è una falsità.
Lillo: Diciamo che questo spettacolo, come tante altre nostre produzioni, cavalcando la comicità di situazione e non di battuta, diverte sempre, infatti c'è gente che è venuto a vederlo più volte. Mi spiego con un esempio: se vedi scivolare una persona sulla buccia di banana, ti verrà sempre da ridere ogni qualvolta sarai di fronte a questa situazione. Diverso è invece ascoltare più volte la stessa battuta comica: già la conosci e non ti viene più da ridere.
Greg: Per fare un'esempio blasonato, è come la scena del "rimetta a posto la candela" in Frankestein Junior di Gene Wilder. Ti fa ridere ogni volta che la vedi. A latere di questo c'è da dire che, passado gli anni, sentiamo di aver affinato il nostro umorismo, quindi smussiamo, cambiamo, e ne esce fuori uno spettacolo che ha sempre qualche elemento di diversità rispetto al precedente.
Come nascono le vostre gag e i vostri personaggi?
Lillo: Spesso il motore di tutto è la casualità, ciò che accade nella vita reale. Con l'esperienza poi si riesce a capire se quella situazione comica oltre a far ridere te stesso potrebbe suscitare ilarità anche nel publbico.
Greg: Un esempio: tantissimi anni fa ci capitò di mangiare in un ristorante dove il cameriere non appena mollavi le posate o ti distraevi ti portava via il piatto. Da qui ne è nato uno schetch. Abbiamo immaginato cosa ci potesse essere dietro questa scena, tipo il proprietario del ristorante che fa terrorismo psicologico al cameriere sulla necessità di sottrare i piatti dal tavolo ed esasperando la situazione comica abbiamo inventato, ad esempio, una mano che da sotto il tavolo afferrava le stoviglie o il camerire vestito da avventore che si sedeva accanto a noi e ce le portava via.
Vi muovete tra reale e surreale? Vi è capitato che un episodio surreale sia diventato invece maledettamente reale?
Lillo: Si, perchè il surreale non è altro che un reale ipotetico ossia qualcosa che, anche se difficilmente, potrebbe accedere. Ci sono capitate nella vita cose talmente assurde che sarebbero state poco credibili se le avessimo portate in scena. Il reale è talmente surreale che risulta impossibile rappresentarlo su un palco.
Molti comici, del passato e del presente, vengono dal mondo della musica così come voi con la band Latte e suoi Derivati. Che collegamento c'è tra la musica e il teatro?
Greg: La musica è tutta una questione di orecchio, ritmo, tempi e pause e questa, almeno a me, sembra la connessione più immediata con il teatro. Nel caso specifico, noi veniamo dai fumetti e dopo la chiusura della casa editrice per cui lavoravamo, abbiamo messo su una band musicale. Entrambe le scuole ci hanno formato molto perché il fumetto ti dà la capacità di sintesi mentre la musica ti dà le cadenze.
Lillo: Infatti si dice che per diventare un buon attore comico è necessario avere un buon orecchio, soprattutto sulle pause che se le accorci o le allunghi troppo smorzano la risata. Tutto questo è difficile da spiegare razionalmente. È un po’ come un grande jazzista che suona della musica impossibile da trascrivere.
A proposito del mondo della comicità odierna: cosa terreste e cosa invece buttereste nella spazzatura?
Lillo: Io terrei tutti quelli che sperimentano in modo divertente, e butterei alcuni cliché comici che si ripetono ancora troppo spesso. La sperimentazione, ripeto, l’apprezzo sempre anche se magari un determinato prodotto può non piacermi. C’è da dire che in Italia gli spazi per sperimentarsi sono pochissimi; oggi un comico agli esordi viene buttato in pasto ad un contenitore televisivo dove o fa ridere subito o è spacciato. Un tempo c’erano le scuole, i luoghi dove era possibile incontrarsi, scambiarsi idee, influenzarsi a vicenda.
Greg: Una cosa analoga, se non peggiore, avviene nel mondo della musica. Le sale prove sono disertate e i negozi di musica hanno calato le vendite. Il problema dei cosiddetti talent show è che non danno la possibilità ad un musicista di fare la gavetta, nel senso che oggi nessuna la vuole fare e trova terreno fertile in un contenitore di questo genere. Per esempio, se i Beatles nel ’61 fossero stati messi in un talent show avrebbero vinto ma sicuramente non avrebbero affinato il loro suono diventando quei Beatles meravigliosi del ’63.
Voi siete comici, ma vi sarà capitato di essere tristi. Come affronta la tristezza un comico?
Lillo: Dicono che i comici siano abbastanza tristi, ma al di là di questo la missione di un comico è portare in scena qualcosa che la gente può riconoscere e spesso quel qualcosa nasce da situazioni brutte della vita. Per esempio molti monologhi poggiano sul rapporto fallimentare tra uomo e donna, argomento che fa sicuramente più ridere rispetto ad un tranquillo rapporto di coppia. Un comico che sa far ridere di una relazione fallimentare è uno che l’ha vissuta in prima persona. Ha una sensibilità più spiccata, ma questo vale un po’ per tutti gli artisti.
L’ultima domanda è per Greg. Siamo a Napoli e sappiamo che tempo fa, in una conversazione con Aurelio De Laurentis, è emerso che non sapevi avesse acquistato la squadra del Napoli. Ti offriamo un’occasione di riscatto: ci sai dire chi è Maradona e cosa ha fatto nella vita?
Greg: (Lillo ride) Questo lo so. È un calciatore argentino che ha giocato nella squadra del Napoli negli anni ’80.
Lillo: ...e che ha vinto lo scudetto.
Greg: Ecco, questo non lo sapevo.